nella camera del reparto Chirurgia
c’è un plotone di maschi tagliati e ricuciti
ostaggi tenerelli di un mondo organizzato
di api che pungono e accudiscono
con l’intelligenza dello sciame
di cui non puoi vedere alcun diagramma
anche se tutto gira e accade in tempo
senza che si distingua notte o giorno
sino a che la porta s’apre e ti ritrovi fuori
senza un pezzo di intestino,
o senza colecisti, o con il fegato affettato
con l’euforia dell’essere ancor vivo
e con la sicurezza che si muore
un po’ così, per caso
fuori, la meraviglia del sole sulla pelle…
i pochi che valeva ritrovare dopo…
la vita di ogni giorno bellissima, ora, sì
e intorno: canotti sgonfi alla deriva
lagne e rimuginii sul niente soprattutto
ciance, lamenti dentro mondi piccinini
non più convinti che qualcosa arriverà
camuffando l’evidente vuoto della verità