L’8 luglio scorso è morto il nostro caro Giorgio Piazzano. Me lo ha detto tre giorni dopo Roberto Bigano, con cui nelle nostre magnifiche estati adolescenti da Giorgio abbiamo appreso il grande cinema, la grande canzone francese, Kavafis, Pizzuto, “il manifesto” di Pintor e Rossanda, i Negroni, le sigarette, il coraggio e la libertà di essere creativi, diversi, noi stessi dalla sua voce dolce e cavernosa e dai suoi occhi profondissimi e delicatissimi. A piangerlo c’erano soprattutto gli ex bambini di cui è stato maestro elementare, oggi ragazzoni trentenni: così, ho pensato, come nello zen, è proprio nel rapporto maestro/discepolo che passa la maggior umanità possibile della nostra vita, che vorremo nutrire di altri incontri di occhi e di voci a tu per tu. Nella mattina in cui è diventato cenere sparsa su un roseto la mia vita si è aperta e rinsaldata di tutti i miei “presente”. Io ho scritto una poesia, Tonino De Bernardi questo ricordo, unico e libero come il suo cinema.
Tonino De Bernardi, C’era una volta l’underground, “il manifesto”
http://ilmanifesto.info/cera-una-volta-lunderground/
troppo tempo
ho troppo tempo per guardare
questa pioggia che non smette
per vedere Giorgio scarno e morto
vestito come un tempo
nella bara ritrovando intorno
due o tre amici di un remoto affetto
che ora ci rivive dentro dilatato ripescato
presente allucinato senza un’era:
ci leggevi Kavafis e di quegli occhi
belli di immortale grigio opale alessandrino
ci parlavi di un sofisticato comunismo
che non è esistito mai
se non nello splendore intellettuale
tra cipressi e rosato ghiacciato sul Tirreno
e prosciutto di cinghiale di cui sento nella bocca
il profumo terreno di un picnic selvaggio
i bicchieri pieni di Negroni
i primi baci sbronzi tra ragazze e tra ragazzi
senza alcuna predisposizione o comprensione
l’amore per il bello
l’amore per i belli
l’amore per l’indisturbato dal saputo
estati adolescenti con il guru dalla voce cavernosa
che cantava per noi Ferré e Brassens
ho troppo tempo per le ceneri di un tempo
che volevi spargere sul Bosforo
che invece spargeranno in un roseto comunale
portandole alla terra bagnate di acqua fresca artificiale
niente mare niente lago niente soffi d’aria
solo immenso inutile frustrato ricordare
ho troppo tempo per amare donne
stordite da una giostra di prestabiliti fare
per effimere lussurie a ore dietro appuntamento
per chat isteriche a qualsiasi ora senza comprensione
così presenti nel mancare più che nello stare-con
refrattarie come questa pietra dello scarso
e questo tempo sparso lo finisco in poco tempo
inghiottendo qualche briciola distratta
in questa stanza vuota dove esisto solo io
© Daniele Martino 2014 – proprietà letteraria riservata